La storia

Crotone, una città ricca di storia e cultura, ha visto passare sotto i suoi archi secolari personaggi ed eventi che hanno segnato varie epoche. Uno dei luoghi più affascinanti della città è stato senza dubbio il Bar Asturi. Era il 10 aprile 1908 quando i fratelli Michele e Adolfo Asturi aprirono le porte del loro Caffè della Libertà a Crotone, un luogo che presto sarebbe diventato un ritrovo per artisti, intellettuali e figure di spicco della città; un simbolo di convivialità e creatività, il cuore pulsante della vita sociale crotonese.
La sua atmosfera vibrante attirava i più noti esponenti della cultura locale, creando un ambiente dove le idee si mescolavano con i profumi del caffè appena macinato e dei dolci preparati con amore. Il celebre torrone di Don Michele, un vero e proprio capolavoro gastronomico, conquistò anche la Casa Reale dei Savoia. La bontà di questa delizia era tale che Umberto II di Savoia, ormai in esilio a Cascais, decise di nominare Don Michele, Commendatore dell’Ordine della Corona Reale, un riconoscimento che testimonia quanto fosse apprezzato il suo lavoro.
Con l’avvento del regime fascista, che poco tollerava insegne che potevano far pensare a forme di contestazione, il caffè subì un cambio di nome in "Bar Asturi", ma l’atmosfera rimase invariata. Negli anni '30 e '40, il bar si confermò come il ritrovo prediletto di nomi noti e artisti, accogliendo nuove generazioni di avventori che trovavano in quei tavoli non solo un buon caffè, ma anche conversazioni appassionate.
Ma la storia del Bar Asturi non è priva di momenti drammatici. La Seconda Guerra Mondiale portò con sé distruzione e tristezza. Il 13 febbraio del 1943 era sabato. Un gruppo di velivoli nemici, bombardieri americani, che aveva come obiettivo il porto di Napoli, causa mal tempo, ripiegò sul bersaglio secondario, che era Crotone. Almeno 12 bombe colpiscono la città, i depositi del bar, situati nel palazzo Asturi, furono distrutti, e con essi andarono perduti materiali preziosi e alimenti per la preparazione dei dolci. La famiglia Asturi si salvò perché era sfollata a San Giovanni in Fiore, ma si può immaginare l’angoscia di Don Michele e Don Adolfo nel vedere i loro sogni infrangersi in un attimo. Non ci volle molto perché, tra la polvere e le macerie, si registrassero episodi di sciacallaggio. All’epoca, Donna Aurelia, la moglie di Don Adolfo, coraggiosa e determinata, dovette recarsi fino ad un convento di suore per recuperare alcuni oggetti rubati dalle suore stese, dalle macerie di Palazzo Asturi. Un gesto che racconta non solo la resilienza di una famiglia, ma anche il legame profondo che il bar aveva con la comunità, che aveva messo Donna Aurelia a conoscenza dei fatti.
Negli anni successivi, il Bar Asturi continuò a vivere nell’immaginario collettivo crotonese, ospitando nomi noti e marchi leggendari. Uno di questi fu il produttore di un rinomato amaro conosciuto a livello nazionale, questi confidò a Don Michele che il suo “Amaro Asturi” sarebbe stato l’unico a poter fare concorrenza al suo. Parole che avrebbero riempito di orgoglio chiunque, e che dimostrano quanto il Bar fosse un punto di riferimento nel mondo della gastronomia.
Tuttavia, come tutte le belle storie, anche quella del Bar Asturi raggiunse il suo epilogo, il bar chiuse i battenti nel 1964, lasciando un vuoto nella vita dei crotonesi e chiudendo anche un capitolo intenso e affascinante della vita sociale e culturale di Crotone.
Quel luogo non fu solo celebre per le tazze di caffè e i dolci, ma per le storie e i sogni che vi si intrecciarono, un simbolo della libertà di espressione e della creatività che caratterizzarono un’epoca, ed anche se oggi le sue porte non si aprono più, la leggenda dei fratelli Asturi e il loro amore per l’arte continuano a vivere nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di sedersi ai suoi tavoli, dove il caffè non era solo una bevanda, ma un atto di amore e un gesto di libertà.

Massimo Asturi - Da racconti di famiglia.

Un caffè storico di Crotone - Il Bar Asturi nel suo cinquantennio di vita

Cronaca di Calabria 29/09/1958 - di Angelo Vaccaro

<<Sunt lacrimae rerum>> cantava il Poeta.
Vero, e le cose, spesso, per un complesso di ragioni, restano così legate agli uomini e alla loro vita psichica, da formarne tutta una cosa nella vita del ricordo e dello spirito.
A chi, per la prima volta, entra in Crotone, appare di colpo questo vecchio <<Caffè Asturi>>, che serba, nelle sue linee caratteristiche, e persino nel colore della vernice che lo attona, tutta la seria sagoma dei vecchi Caffè ottocenteschi.
È, certamente, il più vecchio caffè di Crotone. I più lo additano come il <<caffè dei nobili>>, non perché assuma sussieghi di feudali ricordi; ma perché fu sempre il ritrovo preferito della parte eletta della Città.
Quest'anno, compie il suo cinquantennio di fondazione.
Ce ne siamo voluti occupare a bella posta, perché esso fa parte di quel complesso di ricordi storici della vecchia vita crotonese, che ci riallaccia ai sereni tempi di una esistenza più sana, più dignitosa, certamente.
Se volete dargli una qualifica, veramente consone alla sua storia ed alla sua vitalità di ogni tempo, sareste portati a ribattezzarlo con la qualifica del <<Piccolo Aragno di Crotone>>.
Ne ha un certo legittimo diritto.
Quivi, i vecchi galantuomini di Crotone preferivano sorbire il caffè; quivi, dare gli appuntamenti; quivi, avvenivano le animate discussioni sui problemi e sugli uomini dell'allora arretrata cittadina, per le nuove aspirazioni.
Ancora oggi, è rimasto, per antonomasia, il Caffè degli eletti, che sanno trovarsi la serenità dei vecchi Padri, riprendere le discussioni, con tonalità più consoni ai tempi modernissimi, - così che la solita <<saletta>> risuona ancora di risate allegre, di punzecchiature mordaci, di politica spicciola -  e..., (perchè no, ?) anche di qualche apprezzamento aciduloso o di critichetta paesana, spicciola e malandrinetta.
Il Bar, malgrado le innovazioni dei tempi, la lucentezza sfarziosa e caratteristica dei nuovi altri locali, creati per fargli concorrenza, serba dicevamo, la linea della sua tradizione sobria ed elevata.
C'è è vero, qualcosa di nuovo: il galoppante spirito democratico dei tempi vi ha fatto irruzione, ed ha fatto un grosso strappo alle rigide costumanze del Passato. Già, perché, quasi per una naturale evoluzione di cose, questo storico caffè, che restava esclusivamente il <<Caffè delle Sciambeghe>>, al quale nessun contadino o lavoratore si appressava, come per un senso di rispettoso omaggio, oggi, consente che modesti e umili lavoratori si assidano felici, vicino agli eletti della Città, così che direste abbia assunto una linea di conciliazione tra l'antico sussiego e la umile e sana bontà dei tempi progressivi.
Al banco-cassa, come nei ricordati tempi del suo glorioso passato, siede, solenne come un monumento, la tipica e signorile figura del popolarissimo D. Michele Asturi. L'ombra del ricordo vi proietta anche quella del compianto fratello Adolfo.
Un uomo austero, aristocratico, tutto garbatezza e signorilità questo nostro D. Michele, che serba una sua speciale <<verve>>, piccante ed intelligente sempre, e che la vostra fantasia sa ben ricollegare alle tradizionali figure dei nostri vecchi uomini di Città. Se lo avvicinaste, o voleste stuzzicarlo per poco, vi accorgereste subito di non spuntarla facilmente. Se... lo sentiste parlare di arte e di musica, in particolar modo, vi ravvisereste una competenza unica ed un dire, che addolcisce sempre al caro ricordo della sua giovinezza tramontata, quando, con voce possente e melodiosa insieme, rallegrava i cuori delle belle dame, nei migliori salotti della vecchia città di Pitagora.
E di quei tempi egli spesso vi parla, con l'occhio adombrato di vellutata melanconia, anche se i giovanissimi frequentatori di oggi gli facciano il dispettuccio di buffonchiarvici, come cosa da mandare al tempo delle favole.
Ma D. Michele non la cede, ed ai giovani professionisti dell'oggi, che degnamente rimpiazzano i posti dei loro vecchi padri, ricorda, con viva simpatia, di dame e di cavalieri, di sogni e di chimere, quasi a volerli ricondurre alla sacralità di un ricordo incancellabile e vivo.
Si sa: non mancano le puntatine sarcastiche, consiglianti al ritiro in un cenobio e via dicendo; ma egli, col tratto sempre dignitoso e sereno, o intasca, con francescana rassegnazione, o vi ripaga con uno di quei soliti risolini, intelligenti e furbi, che bastano ad agghiacciare la presunzione stucchevole degli ultimi arrivati.
E voi, malgrado tutto, sentite di volerci tornare con vero piacere in questo Caffè dei padri nostri, perché vi sentite respirare aria buona, aria sana, aria di signorilità indiscutibile. Vi sentite rifremere il vecchio mondo nostro, fatto di ansie dolorose e di aneliti superbi: il passato della Crotone di ieri, che potrà pure aver avuto molte pecche e molte colpe; ma che sentite ancora saturo d'idealità elevate a d'intenti onesti e nobili certamente.